Ecco le Suore meste, e Febo stanco, Versi mi dettan lagninosi; ond'io Bagno scrivendo il destro lato e '1 manco. Felice chi, quando a lui piace e come, Vive sua vita; e chi, venuto in basso, Chiede di morte, ed ha Fui lime some! Mentre io felice avea di viver brama, Spense quasi mia vita acerba morte, di' or tanto, indarno, il cor misero brama. La sua statura, per lo essere ella variabile, non si poteva determinatamente giu- dicare quanta fosse.
Partitevi dunque tostamente, vane e folli sirene, che colla dolcezza vostra n'arre- cate infino morte , e lasciate costui alle Muse mie, che lo curino e guariscano. Riconoscimi tu? E , veggendomi ella non solamente cheto , ma senza lingua ancora, e del tutto mutolo, mi pose la mano sopra il petto leggiermente. O allievo mio, rispose ella, doveva io abbandonarti, e non partire insieme con esso teco quella soma, dividendo in due la fatica, la quale tu, per li carichi e colpe che a mia cagione dati ti sono, t'hai posta sopra le spalle?
Pensi tu che questa sia la prima volta , che sia stata dagli uomini maligni e malvagi stimolata e posta in Eericolo la sapienza? Miseri, a che pur tanta ognor vi prende Meraviglia e terror de' regi alteri? Intendi tu , disse ella, queste cose? Che piangi tu? Confessami i tuoi mali, e non gli mi celare.
Se tu vuoi che io ti possa guarire, bisogna che tu discuopri le piaghe lue, e porti il tuo male in palma di mano. Sono questi i premii e quei guiderdoni che noi per ubbidirti ne riportiamo? Tu, e quello Dio che t'infuse nelle menti degli uomimi saggi, sapete come io , e mi potete essere testimonii, che non pi- gliai magistrato alcuno ad altro fine mai, se non per giovare comunemente a tutti gli uo- mini buoni; e quinci avvenne che io sempre a combattere ebbi gravissimamente con li rei 5 e sempre, come fa chi ha la coscienza e l'ani- mo libero, non curai, per difendere la ragione, offendere i grandi.
Quante volte mi feci io in- contra e m'opposi a Conigasto, che si voleva imperiosamente occupare, e ingiustamente, la roba di chiunque poco poteva? Opilione e Godenzo , essendo stati dal re per le molte e diverse frodi e ribalderie loro sbanditi , e non volendo ubbidire , si difende- vano collo starsi in franchigia per le chiese; la qua!
Questo medesimo giorno, accusandoci costoro medesimi, fu ricevuta l'accusa nostra. Che dunque diremo? Che debbo far dunque, o mae- stra mia? Debbo io negare total colpa per non farti vergogna? Volesse Dio che alcuna sperare se ne potesse! Ma pon- ghiamo che gli uomini scelerati, f quali desi-. Ma, oh ribalderia! Onde non basta che la riverenza, che ti si dovrebbe avere, non mi abbia giovato cosa nessuna, ma tu ancora sei spontaneamente con esso meco e per mia ca- gione infamata e maledetta.
Io non posso ricordarmi senza rincrescimento e fasti- dio grande quali debbano ora essere i cicala- menti del popolo sopra i fatti miei, quanti e quanto diversi e discordanti i pareri. Sol gli atti e i pensier suoi Con dovuta misura non correggi. Che, se questo non fosse, or donde avria Tanto poder fortuna o buona o ria?
Ma chiunque fornisce di vo- lerla abitare, fornisce anco di meritarla. Hai ripre- so ancora e punto gagliardamente l'iniquo fat- to del senato contra te: ti sei eziandio doluto 26 del mio biasimo; hai pianto la tua perduta ri- putazione: finalmente t'infiammasti contra la fortuna, sgridando e dolendoti cheipremii non si rendevano eguali a' meriti ; e nelP ultima parte de' tuoi adirati e sdegnosi versi prega- sti Dio che quella pace , che regge il cielo , governasse ancora il mondo.
Quando la grave stella Del Cancro ardente bolle, Chi sparge il seme in questa parte e 'n quella, E veramente folle: Onde la fame tolle, Fatto saggio a suo danno d'ora in ora, Con quelle antiche ghiande, Le quai fuggendo tutto '1 mondo onora. La prima cosa, datti egli il cuore sofferire che io con alcune dimande tocchi un poco e tenti lo stato e disposizione della mente tua, a fine che io possa conoscere il modo col qua- le ti debba medicare e guarire?
E io: Diman- dami, le dissi, che io sono per risponderti. Ed ella: Pensi tu, soggiunse allora, che questo mondo si regga temerariamente e a caso? A pena intendo io, risposi, quello che tu voglia dire, non che possa rispondere a quanto dimandi. Ve' che non m' inganuava , rispose ella, av- visando che ti mancasse alcuna cosa, per la quale, non altramente che per lo fesso o aper- tura d'alcun legno d'uno steccato, ti sia nasco- samente entrato nell'anima la malattia delle, perturbazioni della mente.
Ma dimmi un po- co : ricorditi tu qual sia il fine delle cose , e dove intenda tutto l'intendimento della natu- ra? Per certo , disse ella , tu sai pure onde siano procedute tutte le cose.
Sollo, dissi, e risposi che procedevano da Dio. Ma io vorrei che tu mi rispondessi anco a questo, se tu ti ricordi d'essere uomo. Sapraimi tu dunque dire, soggiunse ella, che cosa uomo sia? Dimandimi tu, dis- s' io, se io so d'essere animale razionale mor- tale? Ed ella: A r on sai tu d'essere null'altro? Rio che di pioggia o vena Scende dai monti, spesso Da duro incontro oppresso, Che d'alta rupe cadde, il corso frena.
Io per me penso che tu abbi alcuna cosa veduto nuova e indis- usata. Se tu stirai che la fortuna si sia verso te mutata, tu l'erri. Tu hai ora molto ben compreso quai siano e co- me fatti i visi di questa Dea cieca, i quali sono tanto dubbiosi a potersi conoscere.
Ora, se tu volessi dar leg- ge quando debba o stare o partire colei, la quale tu stesso t'hai spontaneamente eletto a padrona, non ti parrebbe far villania? Se tu seminassi campi, tu andresti com- pensando gli anni sterili con gli abbondanti.
Non ode ella i lamenti, Ne gli altrui pianti cura; Anzi, quanti ne fa tristi e dolenti, Tanti ne scherne dura. Ora vorrei io teco in persona d'essa fortuna alcune cose brevemente ragionare. Pon' mente 36 dunque se ella chiede cose ragionevoli o no.
Di che piangi dunque? Io oserei d'affermarti sicuramente, che se quelle cose, le quali tu ti rammarichi d'aver perduto, fossero state tue, tu non avre- sti in alcun modo potuto perderle.
Parti egli giusto che io sola debba essere vietata di po- tere usare la mia ragione? Eri tu solo a non cono- scere i costumi miei? Non sapevi tu che Creso re de' Lidii, il quale poco innanzi arrecava spa- vento a Giro, preso da lui non dopo molto, po- sto miserabilmente sopra le fiamme del capan- nuccio, fu solo dalla pioggia, che da cielo ven- ne, scampato?
Non apparasti tu, quando eri garzo- ne, che sopra il limitare di Giove stanno due gran vasi, l'uno di tutti i beni ripieno, e l'al- tro di tutti i mali? Or che dirai, se tu hai maggior parte avuta di quello dei beni? Vuoi tu dun- que venire a'eonti colla fortuna, e saldar seco la tua ragione?
Dimmi, ti prego, sei tu pur ora subitamente e come forestiero venuto in questa quasi scena di vita? Qual differenza pensi tu dunque che sia tra che o tu, moren- do, abbandoni lei, od ella, fuggendo, lasci te? Quando Febo dal ciel col carro d'oro Muove a sparger la luce Dolce, ch'ai mondo l'opre e '1 color rende, Tutto l'ardente coro Delle stelle sbiancato a pena luce; Tanto il maggiore i minor lumi offende.
Eterna norma, Che qui nulla mai posi, il ciel n'ha dato. Per lo che rasciuga oggimai le lagrime. Questi ha gran- di entrate ; ma si vergogna d'essere ignobile. Tro- vasi ancora chi, avendo con allegrezza avuto o figliuoli o figliuole , lagrima poi per alcuno loro misfatto dolorosamente. Quanti pensi tu che siano quegli, ai quali parrebbe di toc- care il cielo col dito, se una minima parte dei rimasugli e avanzaticci della tua fortuna toc- 45 casse loro?
Niuna, dirai. Se vuoi lieto e sicuro Viver senza periglio, Fondar tua casa sopra umil ma duro Sasso prendi consiglio. Dimmi : le ricchezze sono elleno da essere tenute in pregio per ca- gion di voi, o per loro propria natura?
Or vi diletta la bellezza de' campi? Che ha, disse ella, da far teco alcuna di queste cose? Dimmi: la primavera sei tu ornato di varii fiori tu? Forse vorrai dire che l'andare orna- to splendidamente di vane veste sia cosa bel- la? Per le quali tutte cose chiara- mente si mostra, nullo di quegli essere tuo be- ne, che tu fra i tuoi beni conti. E se dicessi che essi sono belli di lor na- tura, questo che a te? Oh come si distende e quanto abbraccia di spazio questo vostro errore di farvi a cre- dere che alcuna cosa possa mediante gli or- namenti non suoi, ma d'altrui, divenir bella e adorna!
Sopra le molli erbette Dormian sonni sicuri; Spegnean la sete a chiaro rivo o fonte. Lor tugurii o casette Senza coperta e muri Erano, o d'alme quercie ombre alte e pronte, O spelonche entro un monte.
Non considerate voi, o animali terreni, chi coloro siano, ai quali vi par di star sopra e signoreggiare? Busiride, usato d'uccidere gli osti suoi, fu , abbiamo inteso, da Ercole suo oste ammazzato. D'in- torno a' quali penso che questo ancora debba considerarsi, che niuno dubita colui essere for- te o gagliardo, nel quale vede la fortezza e la gagliardia. Voi dunque, attorniati e racchiusi in questo picciolissimo quasi punto d' un punto, pensate a divolgare la fama e prolungare il nome vostro?
Vedi tu dunque quanto sia picciola e ristretta da ogni parte quella gloria che voi d'allungare e slar- gare faticate? Quanti uomini grandi e famosi ne' tempi loro credia- mo noi che abbiano scancellati e come tolti del mondo la dimenticanza e carestia degli scrit- tori?
Allora egli: Troppo mordacemente fa- velli , gli rispose ; io l'avrei conosciuto , se tu fossi stato cheto. La quale, godendo se stessa in cielo, s'al- legra d'essere dalle cose terrene stata cavata. Elia gli alteri petti ed ella ancora Gli umili insieme involvej China ogni altezza, e torna in riso il pianto.
Picciol sasso cotanto Valore e terra cu opre, Che 'n poche lettre il nome vano scuopre. Or, se ben conosciam gli alteri e chiari Titoli e i nomi egregi, Lor, che cenere son, saper chi puote? Tutti del tutto sconosciuti al pari Giacete; e non puon pregi Di viva fama far spente alme note : E, se pur voci o note Slungan le vite corte, Quest'ancor toglie la seconda morte. Tu per avventura non intendi ancora quello che voglio inferire.
Parti egli che questo si debba stimare cosa minima, che la fortuna aspra e orribile scuopre le menti degli amici fedeli, e scevera e distingue i visi degli amici certi da quelli dei dubbii e incerti?
Solo Amor lega e tiene Uniti e cielo e terra; Onde, s'ei pur un punto il fren rallenti, Quanto or s'ama e mantiene Pace, moverla guerra; E quella fede amica, ch'alle genti II cielo e gli elementi Muove or, venuta meno, Saria cagion che 'ncontanente il tutto Guasto fora e distrutto. Congiugne ancora Amor con amistadi Ferme ville e cittadi, E al nodo maritai pon casto freno: Detta ei sue leggi ognora A' fidi amici, ove ogni ben dimora. E dove? Allora ella, Lassati alquanto gli occhi e qua-.
Onde credendo al- cuni che il non abbisognare di cosa nessuna sia il sommo bene, solo per abbondare di ric- chezze s'affaticano. Moltissimi poi sono co- loro , i quali misurano il frutto del bene col godere e darsi buon tempo; e questi pensano la suprema beatitudine essere posta ne' pia- ceri e diletti corporali. Che dunque?
Segue un passo di estremo interesse, dal punto di vista storica, per chiarire le circostanze del processo che si svolse contro Boezio e quali fossero i precisi capi d'imputazione a suo carico. Ecco: si dice che io ho voluto salvare il senato. Desideri conoscere il modo? Che ne pensi, dunque, o maestra? Magari fosse davvero possibile una qualche speranza! Avrei risposto con l'espressione di Canio, che, accusato da Caio Cesare figlio di Germanico di essere complice di una congiura ordita contro di lui, rispose: «Se l'avessi saputo io, non lo saresti venuto a sapere tu».
Qui s'interrompe la breve premessa storica, e il discorso si sposta bruscamente su di un piano esclusivamente filosofico. Ma meritavo forse lo stesso trattamento da parte dei senatori? L'amarezza che gli provoca questo pensiero lo spinge a levare una preghiera a Dio, sotto forma di componimento poetico, esortandolo a prendere le difese degli oppressi contro gli spergiuri, e concludendola con la seguente invocazione:.
Parte non vile di tanta opera,. La violenza dei flutti, o reggitore, tu calma. E mediante la legge con cui reggi l'immenso cielo.
Rinsalda stabilmente la terra. Dopo aver declamato una breve poesia in lode dell'armonia cosmica, ella instaura un rapido botta e risposta con Boezio, allo scopo di rappresentargli con maggiore chiarezza la sua situazione e per sgombrare la sua mente da errori filosofici.
Per prima cosa gli chiede se crede che il mondo sia governato dall'ordine o abbandonato al disordine; lui risponde che sempre ha creduto, e crede tuttora, che una tale armonia non possa essersi prodotta casualmente.
Allora la Filosofia gli domanda se sappia con quali mezzi Iddio regge il mondo, «quale sia il fine delle cose e dove tenda l'anelito di tutta la natura». Indi gli domanda se egli sappia quale sia la sua propria natura; lui risponde di essere una creatura mortale e ragionevole.
Anche tu, se vuoi. E inceppata da freni,. Tu ritieni che la fortuna abbia cambiato il suo atteggiamento nei tuoi confronti. Se ti piace, adattati, al suo costume e non lagnartene. Segue un ipotetico discorso della Fortuna stessa, che ricorda un po' forse non casualmente il discorso che la Natura rivolge all'islandese nell'omonimo dialogo leopardiano delle Operette morali.
Quale torto ti ho fatto? Quali bene veramente tuo ti ho sottratto? Adesso mi va di tirare indietro la mano: tu hai un obbligo di riconoscenza come chi ha usato di beni altrui, non ha il diritto di lamentarti, come se avessi perduto cose realmente tue. Non hai ricevuto violenza alcuna da parte mia.
Vi lasciate irretire dall'errore e dall'ignoranza. Il bisogno non si elimina mediante l'abbondanza oh, quest'aurea massima, se fosse appena un po' meditata dai figli del "benessere" del terzo millennio!
Infine, la Filosofia fa notare che lo stimolo al bene operare non dovrebbe mai essere l'approvazione degli altri, ma il giudizio della propria coscienza. Quindi, a conclusione di questa parte, leva un canto alla «insensata cura de' mortali» Dante , in cui risuona una malinconia che rievoca il famoso discorso di Glauco a Diomede nel VI canto dell' Iliade :.
E se contate di prolungare la vita. Sull'onda dell'umana rinomanza,. Oh, felice genere umano. Se i vostri animi fossero governati. Da quell'amore che governa il cielo! Di quest'ultima viene data una definizione mirabile per concisione ed efficacia. Bisogna anche tener presente che le cariche pubbliche, con l'andare del tempo, si svuotano di prestigio quando vengono a trovarsi in mezzo a persone che non le riconoscono come tali.
Se dunque perfino i re vivono nel timore che qualcosa possa sfuggire al loro controllo per danneggiarli, a maggior ragione devono temere i semplici cortigiani.
Segue questa poesia:. Dante, infatti, lo pone nel Cielo del Sole fra gli spiriti sapienti, in Par. Stai commentando usando il tuo account WordPress.
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